MITTITE RETE ET INVENIETIS

Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: "Io vado a pescare". Gli dissero: " Veniamo anche noi con te". Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando era già l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: " Figlioli, non avete nulla da mangiare?" Gli risposero: "No". Allora egli disse loro: " Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete". La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse:" E' il Signore!". (Gv 21, 1-7)

post scorrevoli

lunedì 11 novembre 2013

San Martino, vescovo

Nasce in Pannonia l'attuale Ungheria, tra il 316 ed il 317, da famiglia pagana ma viene istruito sulla dottrina cristiana quando è ancora ragazzo. Martino è figlio di un ufficiale dell’esercito romano ed ancora giovanissimo, per seguire le orme del padre, si arruola nella cavalleria imperiale, prestando poi servizio in Gallia. E’ in quest’epoca che può collocarsi l’episodio famosissimo di Martino a cavallo, che con la spada taglia in due il suo mantello militare, per difendere un mendicante dal freddo. Nel frattempo Martino si fa battezzare e nel 356 lascia l'esercito e raggiunge a Poitiers il dotto e combattivo vescovo Ilario che aveva conosciuto qualche anno prima e che lo nomina esorcista: un passo sulla via del sacerdozio, avvenuto dopo il 360 dalle stesse mani del Vescovo Ilario. Un anno dopo fonda a Ligugé (a dodici chilometri da Poitiers) una comunità di asceti, che è considerata il primo monastero databile in Europa.
Nel 371 viene eletto vescovo di Tours. Per qualche tempo, tuttavia, risiede nell’altro monastero da lui fondato a quattro chilometri dalla città chiamato Marmoutier. Di qui intraprende la sua missione, ultraventennale azione per cristianizzare le campagne: per esse Cristo è ancora "il Dio che si adora nelle città". Non ha la cultura di Ilario, e un po’ rimane il soldato sbrigativo che era, come quando abbatte edifici e simboli dei culti pagani, ispirando più risentimenti che adesioni. Ma l’evangelizzazione riesce perché l’impetuoso vescovo si fa protettore dei poveri contro lo spietato fisco romano, promuove la giustizia tra deboli e potenti. Con lui le plebi rurali rialzano la testa. Sapere che c’è lui fa coraggio. Questo spiega l’enorme popolarità in vita e la crescente venerazione successiva.
Quando muore a Candes, verso la mezzanotte di domenica 8 novembre 397, si disputano il corpo gli abitanti di Poitiers e quelli di Tours. Questi ultimi, di notte, lo portano poi nella loro città per via d’acqua, lungo i fiumi Vienne e Loire.

lunedì 4 novembre 2013

San Carlo Borromeo, vescovo

Carlo nasce ad Arona in provincia di Novara, nella Rocca dei Borromeo, padroni e signori del Lago Maggiore e delle terre rivierasche, il 2 ottobre del 1538. E' il secondo figlio del Conte Gilberto e Margherita dè Medici, sorella di Papa Pio IV, quindi, secondo l'uso delle famiglie nobiliari, viene tonsurato a 12 anni. Carlo non disdegna affatto la sua condizione di uomo avviato alla carriera ecclesiastica, anzi si impegna con profitto e grandi capacità morali, spirituali ed intellettuali. Studia diritto canonico e civile a Pavia, dove si laurea in utroque iure nel 1559.  Lo zio materno  Giovanni Angelo dè Medici viene eletto papa il 26 dicembre 1559 col nome di Pio IV e lo chiama a Roma affidandogli la direzione degli affari più importanti della Chiesa e creandolo cardinale di Santa Romana Chiesa a soli 22 anni. Nel 1562 muore improvvisamente il fratello Federico, il primogenito della famiglia e a Carlo viene consigliato di lasciare l'ufficio ecclesiastico e di sposarsi per non estinguere la dinastia familiare. Carlo invece preferisce lo stato ecclesiastico e decide di farsi ordinare sacerdote e nel 1563 a 25 anni viene consacrato vescovo. Nel 1566 lascia la corte pontificia e prende possesso della Diocesi di Milano. Si dedica alle anime, alla restaurazione e moralizzazione del clero e degli ordini religiosi, nonché alla loro formazione religiosa. Fonda seminari, edifica ospedali e ospizi, è organizzatore e ispiratore di confraternite religiose, di opere pie, di istituti benefici. Dona, inoltre, a piene mani, le ricchezze di famiglia in favore dei poveri. San Carlo Borromeo è uno dei più grandi Vescovi nella storia della Chiesa: grande nella carità, grande nella dottrina, grande nell'apostolato, ma grande soprattutto nella pietà e nella devozione.
"Le anime - diceva- si conquistano con le ginocchia". Si conquistano cioè con la preghiera e la preghiera umile. San Carlo Borromeo fu uno dei maggiori conquistatori di anime di tutti i tempi. Carlo è di fibra molto robusta, si sottopone a grandi fatiche, mangia e dorme poco, fino a logorarsi completamente. Il 3 novembre 1584, il titanico e santo Vescovo di Milano crolla sotto il peso della sua insostenibile fatica, ha soltanto 46 anni.
 

venerdì 1 novembre 2013

Tutti i Santi

La festa di Tutti i Santi, è una giornata di gioia, di spe­ranza, di fede. Una delle giornate più intelligenti, più raf­finate che la liturgia ci propone; è la festa di tutta l'umanità, del­l'umanità che ha sperato, che ha sofferto, che ha cercato la giusti­zia, dell'umanità che sembrava perdente e invece è vittoriosa. E’ la festa di Tutti i Santi, non solo di quelli segnati sul calen­dario e che veneriamo sugli alta­ri, ma anche di quelli che sono passati sulla terra in punta di pie­di, senza che nessuno si accor­gesse di loro, ma che nel silenzio del loro cuore hanno dato una bella testimonianza di amore a Dio e ai fratelli, forse parenti no­stri, amici, forse nostro padre, nostra madre, umili creature, che ci hanno fatto del bene senza che noi neppure ci accorgessimo.  Nella festa di Tutti i Santi, la Chiesa ci dice che i santi sono uomini e donne comuni, una mol­titudine composta di discepoli di ogni tempo che hanno cercato di ascoltare il Vangelo e di metter­lo in pratica. Sono questi i santi che salva­no la terra. C'è sempre bisogno di loro. È in virtù dei santi che so­no sulla terra, che noi continuia­mo a vivere, che la terra continua a non essere distrutta, nonostan­te il tanto male che c'è nel mon­do. Ed è in virtù dei santi di ieri, dei santi che sono già salvati e che intercedono per noi: "una molti­tudine immensa che nessuno può contare, di ogni nazione, popolo e lingua". I santi fanno passare la luce di Dio che continua ad illu­minare il mondo. Nella festa di Tutti i Santi, noi celebriamo la gioia di essere an­che noi chiamati alla santità, per­ché ci è stato detto che abbiamo un cuore che batte come figli di Dio. Ci pensiamo? E San Gio­vanni che ce lo ricorda: "Caris­simi vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo veramente... ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sap­piamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo si­mili a lui, perché lo vedremo co­sì come egli è". Ma quale è la strada della san­tità? Gesù ce l'ha indicata con l' annuncio delle beatitudini che sono la sintesi del Vangelo, lo specchio di fronte al quale ogni discepolo di Cristo deve con­frontarsi. È il portale d'ingresso del Discorso della Montagna, la "carta costituzionale del cristia­nesimo". Ogni regno ha le proprie leg­gi. Le beatitudini sono la legge del Regno di Dio. Chi le osserva entra nella felicità del Regno. Questo dobbiamo capire. Dio ha posto nel nostro cuore la vocazione alla felicità, come ul­timo segno della nostra somi­glianza con Lui. Dio è il Sommo bene, il Beato per eccellenza. Per essere figli di Dio bisogna esse­re felici. 
 
 A cura di Gianni Sangalli della Rivista mensile “Maria Ausiliatrice” Torino.