MITTITE RETE ET INVENIETIS

Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: "Io vado a pescare". Gli dissero: " Veniamo anche noi con te". Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando era già l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: " Figlioli, non avete nulla da mangiare?" Gli risposero: "No". Allora egli disse loro: " Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete". La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse:" E' il Signore!". (Gv 21, 1-7)

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martedì 10 febbraio 2015

Giovanni Palatucci, servo di Dio

 
Giovanni Palatucci nacque in Irpinia, a Montella in provincia di Avellino, il 31 maggio 1909 da Felice e Angelina Molinari. Laureato in Giurisprudenza e superati gli esami da procuratore legale, frequentò a Roma, presso la Scuola superiore di Polizia, un corso per vice commissario di pubblica sicurezza. Assegnato inizialmente a Genova, il 15 novembre 1937 fu trasferito alla Questura di Fiume, dove gli fu affidata la direzione dell'Ufficio stranieri con la qualifica di commissario. Dopo l'emanazione delle leggi razziali antisemitiche nel 1938, si impegnò nell'aiuto agli ebrei e a tutti coloro che, a causa dell'occupazione tedesca, si trovavano a transitare dal confine istriano verso luoghi più sicuri.

A migliaia furono i perseguitati da lui soccorsi, con ogni stratagemma possibile; in particolare li istradava verso il campo di raccolta di Campagna, in provincia di Salerno, dove era vescovo lo zio, mons. Giuseppe Maria Palatucci. La sua opera si fece ancor più intensa all'indomani dell'armistizio (8 settembre 1943) con l'occupazione militare tedesca, quando Fiume fu annessa al Terzo Reich. Nominato Questore reggente, intensificò l'aiuto, utilizzando la sua autorevolezza istituzionale. Oltre cinquemila furono gli ebrei ed i perseguitati politici salvati in quegli anni.
Malgrado i sospetti della polizia politica del Terzo Reich, Palatucci rimase al suo posto per continuare la sua preziosa opera, rifiutandosi fino all'ultimo di mettersi in salvo, nonostante i ripetuti inviti del Console svizzero a Trieste. Arrestato dalla Gestapo il 13 settembre 1944, fu condotto nel carcere di Trieste, dove venne condannato a morte; graziato, con la commutazione della pena, fu poi deportato il 22 settembre 1944 nel campo di sterminio di Dachau (Germania), con matricola 117826.
Il 10 febbraio 1945 morì di stenti, a poche settimane dalla liberazione e fu sepolto in una fossa comune.

Di quali nobili sentimenti fosse capace il giovane, si vide subito: deludendo il padre, che lo voleva avvocato in Irpinia, Giovanni entrò nella Polizia di Stato perché, disse, "mi è impossibile domandare soldi a chi ha bisogno del mio patrocinio per avere giustizia". Quando Mussolini pubblicò "Il manifesto della razza" che, tradotto in legge (17 novembre 1938), segnò la fine della relativa tolleranza precedentemente dimostrata verso gli ebrei, Palatucci pronunciò una frase emblematica: "Vogliono farci credere che il cuore sia solo un muscolo e ci vogliono impedire di fare quello che il cuore e la nostra religione ci dettano".
Una volta, sapendo che una donna ebrea era minacciata di imminente arresto, la affidò ad uno dei suoi colleghi dicendogli: "Questa è la signora Schwartz. Trattala, ti prego, come se fosse mia sorella. Anzi, no: trattala come se fosse tua sorella, perché in Cristo è tua sorella".
Il 16 febbraio 2004 si è concluso ufficialmente, presso il Tribunale diocesano, il processo di primo grado per la beatificazione di Giovanni Palatucci, già definito servo di Dio. Le fasi di canonizzazione erano iniziate il 9 ottobre del 2002 su richiesta dell'associazione "Giovanni Palatucci".

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