Filippo Latino nacque a Corleone il 6 febbraio 1605, figlio di un calzolaio e artigiano in pelletteria. La sua è una famiglia molto religiosa e la sua casa viene comunemente definita "casa di santi" soprattutto per la carità del padre e di Leonardo che non esitava a portare a casa gli straccioni e i poveracci incontrati per strada, per ripulirli, rivestirli e sfamarli.
ANEDDOTI
Si racconta che, durante il soggiorno a Bivona, molti frati furono colpiti da un'epidemia di influenza. Quando anche Bernardo, che in quel momento rivestiva l'ufficio di infermiere, si ammalò riducendosi in fin di vita, staccò dal tabernacolo della chiesa la statuetta di san Francesco e la infilò nella manica del saio, rivolgendosi al santo con le seguenti parole:
«Serafico padre, tu lo sai che i tuoi frati di Bivona sono ammalati... chi si prenderà cura di essi? Ti avverto che non uscirai di qui se non quando mi avrai guarito»
Il giorno successivo, Bernardo tornò in salute e poté riprendere l'assistenza ai confratelli.
Sempre a Bivona, a Bernardo un crocifisso avrebbe parlato dicendogli: "Non cercare tanti libri, ti bastano le mie piaghe per leggere e meditare". Dopo quest'episodio il frate rinunciò al desiderio di imparare a leggere.
Filippo impara a essere cristiano e a fare il ciabattino nella bottega del padre, ma ha un difetto, la "caldizza", cioè s’infiamma facilmente, se provocato, fino a mettere subito mano alla spada, la sua fu una giovinezza turbolenta, in ambiente di soldati mercenari agli ordini della Spagna.
Nel 1624 viene sfidato a duello da Vito Canino, un sicario prezzolato, che ci rimise un braccio, mentre Filippo, aveva allora 19 anni, si procurò la fama di "prima spada di Sicilia". Il timore della vendetta e delle conseguenze di quel gesto lo inducono a rifugiarsi nel convento dei cappuccini, dove pian piano, però, nel corso di otto lunghi anni, matura una autentica vocazione religiosa, scoprendo lo spirito di umiltà, di obbedienza e di penitenza.
A 27 anni, il 13 dicembre 1631, Filippo indossa il saio dei frati cappuccini nel convento di Caltanissetta, dove fa’ il suo anno di noviziato scegliendo il nome di Fra Bernardo.
Analfabeta e pertanto destinato a rimanere un fratello laico, svolge in convento i lavori più umili, in cucina, in lavanderia e come infermiere. La sua vita è un crescendo di virtù. Consumato dalle penitenze e dalla fatica, trova il suo posto accanto al tabernacolo, dove prega in continuazione.
Muore il 12 gennaio 1667, all’età di 62 anni, accompagnato subito dalla fama di santità.
Iniziato il processo di canonizzazione nel 1673, venne dichiarato beato solo il secolo successivo, nel 1768 da Clemente XIII e infine proclamato santo nel 2001.
Iniziato il processo di canonizzazione nel 1673, venne dichiarato beato solo il secolo successivo, nel 1768 da Clemente XIII e infine proclamato santo nel 2001.
Si racconta che, durante il soggiorno a Bivona, molti frati furono colpiti da un'epidemia di influenza. Quando anche Bernardo, che in quel momento rivestiva l'ufficio di infermiere, si ammalò riducendosi in fin di vita, staccò dal tabernacolo della chiesa la statuetta di san Francesco e la infilò nella manica del saio, rivolgendosi al santo con le seguenti parole:
«Serafico padre, tu lo sai che i tuoi frati di Bivona sono ammalati... chi si prenderà cura di essi? Ti avverto che non uscirai di qui se non quando mi avrai guarito»
Il giorno successivo, Bernardo tornò in salute e poté riprendere l'assistenza ai confratelli.
Sempre a Bivona, a Bernardo un crocifisso avrebbe parlato dicendogli: "Non cercare tanti libri, ti bastano le mie piaghe per leggere e meditare". Dopo quest'episodio il frate rinunciò al desiderio di imparare a leggere.
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