Giuseppe Benedetto Cottolengo nasce il 3 maggio 1786 a Bra, una cittadina della provincia di Cuneo, in una famiglia medio borghese con salde radici cristiane. È il primogenito di 12 figli di cui 6 muoiono in tenera età. Fin dalla sua fanciullezza aveva mostra grande sensibilità verso i poveri. Sceglie la via del sacerdozio, seguito anche da due fratelli. Gli anni della sua giovinezza sono attraversati dall’avventura napoleonica e dai conseguenti disagi in campo religioso e sociale. Compiuti gli studi filosofici e teologici, viene ordinato sacerdote l’8 giugno 1811 nella cappella del seminario di Torino e nominato viceparroco a Corneliano d’Alba. Successivamente riprende gli studi e si trasferisce a Torino, dove nel 1816 si laurea in teologia presso la Regia Università. Due anni dopo viene nominato canonico e aggregato al gruppo di sacerdoti teologi addetti alla chiesa del Corpus Domini di Torino. Trascorre serenamente quel periodo e si distingue per il suo impegno nel predicare, nel confessare e nella dedizione ai poveri. Gli anni tra il 1822 e il 1827 sono caratterizzati da una crescente sensibilità spirituale, che assume l’impronta di un deciso distacco dagli interessi materiali, accompagnato da una tensione per la ricerca di un nuovo modo di vivere la sua vocazione sacerdotale; la meditazione della biografia di S. Vincenzo de’ Paoli lo conduce ad una maturazione della sua dimensione umana e spirituale. Il 2 settembre 1827 viene chiamato per amministrare i sacramenti ad una donna in fin di vita, respinta dagli ospedali della città. In quel tragico episodio, riesce a percepire con più chiarezza i disegni di Dio per la sua vita. Per evitare il ripetersi di simili tragedie umane, animato da divina ispirazione, decide di impegnarsi a soccorrere e assistere le persone abbandonate. È il 17 gennaio 1828 quando prende in affitto alcune stanze non lontano dalla chiesa del Corpus Domini. Qui, grazie alle generosa disponibilità di alcune signore, in particolare della Signora Marianna Nasi Pullino, e di volontari, ha inizio l’opera. Anche se sprovvisto di fondi e di rendite Giuseppe Cottolengo continua ad accogliere persone in stato di grave bisogno o abbandonate. Questa condizione di povertà di mezzi lo fa sentire pienamente libero di confidare in Dio ed essere aiutato dalla Sua Provvidenza. La prima struttura di accoglienza di malati in stato di abbandono incontra una seria di contrasti che ne segnano presto la fine. Tuttavia, sorretto dalla fede nell’azione di Dio, il Cottolengo viene ispirato ad aprire, nel 1832, una nuova casa nel quartiere torinese Valdocco (dove attualmente trova ancora la sua collocazione), e che denomina “Piccola Casa della Divina Provvidenza”, più comunemente conosciuta col nome del suo fondatore : il Cottolengo(SITO UFFICIALE).
Aumenta il numero dei ricoverati e Giuseppe Cottolengo pone alcune famiglie religiose al loro servizio: le Suore Vincenzine, i Fratelli di S. Vincenzo e i Sacerdoti della SS. Trinità. Dà inoltre vita ad alcune famiglie religiose: l’Istituto religioso delle Suore, i Fratelli e la Società dei Sacerdoti a lui intitolati. Pur attraversando nella sua vita momenti drammatici, Giuseppe Cottolengo ha sempre mantenuto serena fiducia di fronte agli eventi: attento a cogliere il ruolo della paternità divina, riconosce in tutte le situazioni la presenza e la misericordia di Dio e, nei poveri, l’immagine più amabile della Sua grandezza. Per mantenere in vita l’opera iniziata, Giuseppe Cottolengo vive tra difficoltà e ostacoli ma non dimentica mai di trattare i poveri con grande rispetto e stima, rivelando speciale affetto per i più indifesi. In tutti i modi possibili al suo tempo, opera per tutelare la loro dignità di essere umani. Con tratti profondamente paterni, con loro si mostra gioioso, pieno di iniziative, rispettoso della loro personalità e dei loro gusti. Si ammala di tifo e capisce che i suoi giorni sono contati. Si distacca allora volontariamente dalle opere che aveva compiuto per Dio e conclude il suo cammino di fede e di vita nella casa di suo fratello Luigi a Chieri (TO). Qui muore santamente il 30 aprile 1842. Giuseppe Benedetto Cottolengo viene sepolto a Torino nella Piccola Casa, in una cappella della chiesa principale, dove riposa ancora oggi. In seguito ai numerosi miracoli verificatisi per sua intercessione, Papa Benedetto XV (Giacomo della Chiesa, 1914-1922)lo beatificò il 28 aprile 1917 e Papa Pio XI (Ambrogio Damiano Achille Ratti, 1922-1939) lo canonizzò il 19 marzo 1934. Oltre alla commemorazione nel Martyrologium Romanum, il santo Cottolengo, per le sue peculiari opere caritatevoli, ha meritato di essere citato nella prima lettera enciclica di Papa Benedetto XVI Deus Caritas Est (Par. 40). San Giuseppe B. Cottolengo amava ripetere, infatti, “Charitas Christi urget nos” (L’Amore di Cristo ci spinge), consapevole che ogni attività assistenziale deve trarre ispirazione dalla pagina evangelica del giudizio finale (Mt 25, 31-40) e dall’ammonimento di Gesù ad abbandonarsi con fiducia alla Provvidenza celeste (cfr Mt 6, 25-34). Era la carità cristiana illuminata dalla fede che gli diceva: “Amen dico vobis : quamdiu fecistis uni de his fratribus meis minimis mihi fecistis.” (“In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.) (Mt 25,40). La “Piccola Casa della Divina Provvidenza”, grazie al suo crescente sviluppo, attualmente estende il raggio della sua azione fuori delle proprie originarie strutture, allargando le braccia ai poveri di altre città d’Italia e nazioni, dal Kenya agli Stati Uniti, alla Svizzera, all’India, all’Ecuador e alla Tanzania.(Tratto da QUI).
Oggi la Santa Chiesa fa anche memoria di
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