Nasce a Torino il 6 aprile 1901. Suo padre, Alfredo, è un affermato giornalista, proprietario del quotidiano 'La Stampa', la mamma, Adelaide Ametis, una pittrice. Entrambi vivono una vita di famiglia improntata sull'apparenza, chiusa alla luce della fede, più preoccupati del benessere materiale che di quello spirituale. Pier Giorgio nonostante la sterilità della vita familiare, vive un'intensa quotidianità intessuta nella fede, nella preghiera e nella carità. Va a Messa e si comunica ogni giorno, a 21 anni entra nel Terz'Ordine Domenicano, e si iscrive all'Azione Cattolica. Spesso è in disaccordo con i suoi genitori che non comprendono quel figlio così diverso da loro. Si iscrive alla Facoltà di Ingegneria, ma è confuso, pensa di farsi sacerdote, non riesce a capire il disegno di Dio sulla sua vita. Nell’ultimo anno della sua vita Pier Giorgio s’innamora di una ragazza, Laura Hidalgo, laureata in matematica e considerata da casa Frassati socialmente non all’altezza del nome di Pier Giorgio. Quell’esperienza lo segna fortemente. Quando la sorella Luciana si sposa per Pier Giorgio è un duro colpo, resta da solo nella casa delle discordie. La sua proverbiale allegria lo abbandona nell’ultima parte della sua esistenza, quando appare quasi presago della fine prematura. Viene meno quel suo spirito perennemente sereno a motivo di una serie di condizionamenti che sembrano preoccuparlo: l’amore per Laura Hidalgo, la volontà paterna di integrarlo nell’amministrazione de La Stampa, il timore dolorosissimo di una possibile separazione fra gli amati genitori, la cui convivenza è sempre più difficile. Un giorno, ad un amico che gli aveva domandato che cosa avrebbe voluto fare dopo gli studi, lui rispose: "Non lo so: sacerdote no, perché è una missione troppo grande e non ne sono degno; il matrimonio no. L’unica soluzione sarebbe quella che il Signore mi prendesse con sé".
E il Signore lo prende con sè: la morte lo coglie rapidissima. Viene colpito dalla poliomielite fulminante. Sei giorni appena per corrodere quel fisico sano e forte di 24 anni. Ancora una volta la famiglia non lo comprende: tutti sono attenti all’agonia dell’anziana nonna Ametis, non accorgendosi della gravità del suo male. Non un lamento uscirà dalla sua bocca, non una richiesta.
"Il giorno della mia morte sarà il più bello della mia vita", aveva detto ad un amico.
Quel giorno arrivò il 4 luglio 1925.
Alfredo Frassati è distrutto dal dolore, di fronte alla bara del figlio “ribelle”, alla quale rendono omaggio, con suo sconcerto, migliaia e migliaia di persone e di poveri della Torino semplice e umile. Quattro giorni dopo la morte del figlio, Alfredo scrive a sua madre, Giuseppina Frassati, una lettera colma di strazio, un tormento che perdurerà ancora 36 anni, fino alla sua morte: "Giorgio era un santo, oggi lo riconoscono tutti… L'impressione per la sua morte qui a Torino è stata pari alla sua bontà. Mai si è visto una folla unanime cantare le lodi di un morto. Ma il povero Pier Giorgio non c'è più e la mia vita è finita. Avevo troppo nel mondo: fino a 57 anni ho avuto tutto. Ora sono il più povero dei poveri. Mendico nel mondo, nessuno può darmi anche la minima parte di quello che mi fu tolto".
La morte di Pier Giorgio aprì gli occhi al padre e alla madre, la quale si occupò di raccogliere le prime testimonianze sul figlio e collaborò con il salesiano don Antonio Cojazzi, che era stato insegnante di Pier Giorgio, per la stesura della prima biografia sul beato, pubblicata nel 1928. Il primo miracolo di Pier Giorgio è stato la conversione dei suoi genitori.
Giovanni Paolo II lo chiamò l'uomo delle otto beatitudini e lo beatificò il 20 maggio 1990.
Nell'Omelia alla Messa di beatificazione disse:
"Certo, a uno sguardo superficiale, lo stile di Pier Giorgio Frassati, un giovane moderno pieno di vita, non presenta granché di straordinario. Ma proprio questa è l’originalità della sua virtù, che invita a riflettere e che spinge all’imitazione. In lui la fede e gli avvenimenti quotidiani si fondono armonicamente, tanto che l’adesione al Vangelo si traduce in attenzione amorosa ai poveri e ai bisognosi, in un crescendo continuo sino agli ultimi giorni della malattia che lo porterà alla morte. Il gusto del bello e dell’arte, la passione per lo sport e per la montagna, l’attenzione ai problemi della società non gli impediscono il rapporto costante con l’Assoluto.
Tutta immersa nel mistero di Dio e tutta dedita al costante servizio del prossimo: così si può riassumere la sua giornata terrena!"
Tutta l'omelia qui
"...ogni giorno m'innamoro sempre più delle montagne e vorrei, se i miei studi me lo permettessero, passare intere giornate a contemplare in quell'aria pura la grandezza del Creatore...".
«Vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la Verità, non è vivere, ma vivacchiare».(PierGiorgio Frassati)
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