
La sua dignità di sacerdote e uomo retto primeggia fra i prigionieri, un testimone disse: “Kolbe era un principe in mezzo a noi”. Alla fine di luglio viene trasferito al Blocco 14, dove i prigionieri erano addetti alla mietitura nei campi; uno di loro riesce a fuggire e secondo l’inesorabile legge del campo, dieci prigionieri vengono destinati al bunker della morte, senza mangiare e bere fino alla consunzione. Padre Kolbe si offre in cambio di uno dei prescelti, un padre di famiglia, suo compagno di prigionia.
Padre Kolbe trasforma la disperazione dei prigionieri in serenità e fiducia con la preghiera costante. Essi si spengono a poco a poco condannati a morire di fame e di sete. Dopo 14 giorni ne rimangono solo quattro ancora in vita, fra cui padre Massimiliano, allora le SS ne anticipano la fine con una iniezione di acido fenico; il francescano martire volontario, tende il braccio dicendo “Ave Maria”, è il 14 agosto 1941.
Le sue ceneri si mescolano insieme a quelle di tanti altri condannati, nel forno crematorio; così finisce la vita terrena di una delle più belle figure del francescanesimo della Chiesa polacca. Il suo fulgido martirio gli ha aperto la strada della beatificazione, avvenuta il 17 ottobre 1971 con papa Paolo VI e poi della canonizzazione il 10 ottobre 1982 da parte di Papa Giovanni Paolo II, suo concittadino.
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